Elogio del diritto
Recensione del libro di Massimo Cacciari e Natalino Irti edito da La nave di Teseo (160 pp, 18 euro)
La filosofia del diritto sarebbe arrivata molto dopo, ma già i greci s’interrogavano sulla giustizia come virtù politica per eccellenza, l’unica capace di dare forza alle fondamenta della società. Nel pensiero greco la giustizia è schema ideale della vita, supremo dono degli dèi agli uomini, chiave di lettura della loro posizione nel cosmo, verità ultima sul mondo e sulla natura della realtà. Nei poemi omerici troviamo l’onnipossente Dike, Giustizia, figlia di Zeus e della sua seconda sposa, Themis, la grande dea che governa “la regola della natura, la norma della convivenza dei sessi, anzi della convivenza degli dèi e degli uomini in generale”, per usare le parole di Kerényi. Più tardi arriverà Nomos, consuetudine incarnata nel diritto codificato, rimedio alle fatali discordie nate nella polis. Da quel momento, sarà patrimonio culturale dell’occidente la riflessione su cosa sia la vera giustizia e su come il Nomos, la norma di volta in volta vincente, risponda alla domanda di verità che Dike pone ai singoli e alle società. L’incessante inseguirsi combattersi avvicendarsi (e integrarsi e dialogare) di Dike e Nomos segnerà la nostra storia, oltre a dare linfa alla grande stagione della tragedia greca. Al pensiero giuridico greco, alle sue basi mitiche, alla sua evoluzione e infine al disgregarsi delle sue basi ontologiche è dedicato il folgorante Elogio del diritto, pubblicato più di settant’anni fa in America dal grande filologo classico tedesco Werner Jaeger. Il filosofo Massimo Cacciari e il giurista Natalino Irti partono da quello scritto – tradotto nel 1948 da Edoardo Ruffini e riprodotto in apertura del volume, che dal saggio di Jaeger mutua il titolo – per ragionare a loro volta sul “destino di Dike” (Cacciari) e sul “destino di Nomos” (Irti) nell’epoca, la nostra, che vede il disgregarsi anche della semplice ambizione di ripensare la loro unità.
Il primo analizza, dai greci a oggi, i passi della “secolarizzazione” del concetto di giustizia, la sua interpretazione ebraica e cristiana, il suo relativizzarsi sotto l’incalzare di opinioni diverse che via via rivendicano il loro spazio e le loro codificazioni. Cacciari pensa che “la dimensione del Diritto non sia concepibile al di fuori della sua inesauribile e inconcludibile ‘sete’ di Giustizia”, la quale, a sua volta, non può fare a meno di richiamarsi a Themis. Irti, dal canto suo, nota come la dissoluzione dello stesso Nomos abbia raggiunto il suo grado estremo nel mondo della tecnica, dove le leggi positive diventano frammentati prodotti finalizzati a dominare lo spazio virtuale e il mercato, con il sopravvivente Stato sempre più in affanno nella difesa della propria autorità normativa.
All’individuo ormai orfano dei “soccorrevoli dualismi del passato (legittimità e legalità, giustizia e legalità, diritto naturale e diritto positivo)”, si apre un orizzonte di “politeismo giuridico” illimitato che “può anche travolgerlo e schiacciarlo”.
Elogio del diritto
Massimo Cacciari e Natalino Irti
La nave di Teseo 160 pp, 18 euro
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